Numero 99 della collana “Roma e i suoi nemici” targata Vadis e Osprey, che nel 2011 porta in edicola questi Gladiatori in addestramento, Pompei, 78 d.C.
Il curatore William Shepherd attinge agli archivi della Osprey Publishing Ltd., di cui era direttore prima della nascita di questa collana, e presenta dei testi tratti da un saggio non meglio specificato della Osprey.
I due figurini in combattimento sono solo vagamente ispirati ad un’illustrazione senza firma presente nel fascicolo. Il gladiatore a terra è un oplomaco, battuto da una gladiatrix armata con uno scudo rotondo e una corta spada.
L’acconciatura della gladiatrice è basata sul bassorilievo in marmo trovato ad Alicarnasso – e conservato al British Museum – scolpito in occasione del missus (rilascio con onore) di Amazonia (Αμαζων) e Achillia (Αχιλλια), due combattenti che probabilmente si erano guadagnate la libertà offrendo una serie di prove eccezionali. Sono raffigurate con lo stesso equipaggiamento dei gladiatori maschi, ma senza elmi.
Ecco l’incipit del fascicolo di 12 pagine, con la consueta traduzione di Piergiorgio Molinari:
Scarabocchiate su un muro tra le rovine della città romana di Pompei si leggono le parole «Celadus il Trace – l’eroe e il rubacuori delle ragazze». Queste poche parole attraversano i secoli, a testimoniare la spaventosa tradizione che ancor oggi cattura la nostra immaginazione.
La dominazione romana era più di un sistema di governo: era uno stile di vita, che offriva benefici materiali e tecnologici a chi lo abbracciava. Per un Romano, le tribù ancora non conquistate dell’Europa erano “barbare”, ossia inferiori perché non riuscivano a capire il mondo e lo stile di vita romano. Erano pertanto considerate barbare, rudi e ignoranti. l re tribali erano incoraggiati ad adottare la cultura romana nel loro stile di governo, nella convinzione che la romanizzazione delle province portasse la stabilità. Ma la stabilità romana e i benefici materiali avevano un prezzo. I sanguinosi spettacoli di morte e punizione che si svolgevano negli anfiteatri romani erano pubblicizzati esplicitamente come un pubblico divertimento, ma servivano anche a enfatizzare, attraverso la morte dei criminali, dei ribelli catturati, dei prigionieri di guerra o degli schiavi, che Roma non tollerava coloro i quali destabilizzavano il predominio che i Romani avevano tanto faticato a imporre.
L.
Oggi sei a tema Gladiatoriale… O Gladiatoresco… Boh insomma quello 😉 Cheers!
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È stato un caso ma ne ho approfittato 😛
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Anvedi sto rubbacuori, corcato da ‘na Gladiatrice… Celadus il Trace, me sa che stavolta com’è annata a finì proprio nun te piace! 😉
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ahahah che triste destino, battuto e immortalato su figurino 😛
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